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#14
Oggi non parleremo di un libro in senso stretto, e nemmeno
di un fumetto in senso stretto, anche se a prima vista potrebbe sembrarlo. Il termine tecnico di quest’opera è graphic
novel (in italiano romanzo grafico); parafrasando Wikipedia, la graphic
novel è un formato di fumetto in cui le storie sono più lunghe (come appunto un
romanzo), autoconclusive e in genere rivolte a un pubblico adulto. Oggi, se si
pensa alle graphic novel, probabilmente il pensiero va verso i grandi film
tratti da queste opere: 300, Watchmen, La leggenda degli uomini straordinari giusto per citarne alcuni.
Insomma, per lo più azione, gente con poteri particolari… ma non sono solo
questi gli argomenti delle graphic novel,
non sono questi gli argomenti trattati nell’opera di cui parleremo oggi. Il
nome dell’opera è Maus di Art
Spiegelman e parla dell’olocausto.
Protagonista del romanzo è Vladek Spiegelman, padre
dell’autore, sopravvissuto ad Auschwitz che narra la sua storia al figlio Art.
La narrazione si svolge su due piani temporali paralleli: nel presente, dove
Art è alle prese con il padre malato con cui non ha mai legato, padre che col
passare degli anni e la morte per suicidio della moglie Anja (anche lei sopravvissuta
ad Auschwitz) ha esasperato il suo comportamento di vecchio avaro acquisito
durante la guerra, e nel passato, dal 1935 al 1945 circa. Quest’ultimo è
l’aspetto saliente della novel, la
storia di Vladek: la sua prima ragazza, l’incontro con Anja, il matrimonio,
l’inizio degli affari, il primo figlio, le avvisaglie della guerra, la perdita
progressiva delle libertà nonostante i soldi del suocero, la fuga di
nascondiglio in nascondiglio e infine la deportazione ad Auschwitz. Qui si ha
la separazione di Anja da Vladek, come quest’ultimo riesca a sopravvivere
meglio di tanti altri grazie al suo ingegno, come riesca a ritrovare la moglie e
aiutarla, la liberazione dal campo di concentramento e poi le peripezie prima
del ricongiungimento della coppia.
Una storia drammatica ma raccontata con una leggerezza tale
da riuscire anche a strappare un sorriso ogni tanto. Paga tantissimo nel
successo del romanzo la scelta del modo scelto per rappresentare i personaggi:
gli ebrei, infatti, sono disegnati come dei topi e di conseguenza i tedeschi
sono gatti, quindi gli americani cani e i polacchi maiali. Questo da un certo
punto a volte diverte (quando gli ebrei devono fingere di essere polacchi si
mettono maschere da maiale) e in generale aiuta a rendere la storia meno
pesante di quanto sarebbe stata se avesse disegnato persone. In questo modo
Spiegelman può raccontare, e disegnare, i fatti nudi e crudi senza utilizzare
immagini troppo dure, ma contemporaneamente questo lo aiuta a narrare in
maniera sprucida avvenimenti inimmaginabili e terribili, perché veri.
Lo consiglio perché, come dice a più riprese lo stesso
autore nel libro, si è parlato tanto (ma mai troppo) dell’olocausto ma questo
punto di vista è particolare e merita un approfondimento per la storia e per
com’è espressa.
Voto 9+
Finito lo scaffale precedente, s’inizia con uno nuovo! Avete
letto le ultime recensioni? Le trovate qui, qui e qui! Se avete qualche
consiglio o qualche curiosità non esitate a dirlo! Buona settimana!
-Lollodr
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