Stuff
#4
Eccoci di nuovo qua, con un nuovo
articolo della rubrica Stuff! Prima
di iniziare a parlare del libro di oggi, credo sia necessario parlare delle
origini di questo libro, e di come ne sia giunto in possesso. Più o meno
frequentemente mi capita di andare a comprare libri a prezzi stracciati ad una
bancarella nel vicino mercatino, per lo più si tratta di resi di magazzino e
libri che non hanno venduto molto. Devo dire che ho occhio (o forse c…fortuna)
ma quasi sempre, diciamo 9 volte su 10, il libro che mi capita di prendere mi
piace e mi lascia soddisfatto. Fatta questa premessa posso dire che il libro in
questione si chiama Gatti da tetto,
dello scrittore argentino Rolo Diez, e che dopo averlo letto per bene due volte
ancora non ho capito se è o non è lui il decimo libro, quello che si rivela un
acquisto sbagliato.
La storia si svolge
fondamentalmente nel sottotetto di un condominio di Città del Messico, abitato
da don Mario, anziano rivoluzionario e uomo onesto, e da Clara, giovane donna
originaria di Guerrero, piccolo paese, che per vivere fa la cameriera. E da
Guerrero proviene anche Julio, nuovo inquilino del sottotetto. Julio è un
ragazzo senza grilli per la testa, serio, deciso a studiare per aprire una
professione in futuro, e a lavorare per mantenersi nel frattempo. E soprattutto
Julio è profondamente innamorato di Clara fin dalla prima volta che l’ha vista
nell’appartamento. Ma Clara è troppo bella, troppo affascinante, troppo ingenua
per non attrarre le mire di chi vive la capitale, come se fosse proprietà
personale. E così l’amore tra i due giovani farà in tempo solo a sbocciare.
A dirla tutta, la storia di per se
non è male. Da certi punti di vista è una storia d’amore, ma anche un libro di
critica sociale, o una storia d’azione… il problema è che vuole essere tutto
questo e molto altro ma, si sa, chi troppo vuole nulla stringe. E allora, una
volta finito di leggerlo, lo si guarda e si pensa “Ma cosa ho letto?”. Perché
nel tentativo di essere molte cose, alla fine, a conti fatti, non è nulla. Non
è una storia d’amore né d’azione, per quanto saltino all’occhio durante la
lettura tratti distintivi di entrambi i generi; non è un libro di critica
sociale, in quanto le uniche critiche sono mosse da Don Mario, ma sono critiche
spesso confusionarie e non sempre condivisibili, anzi, a volte da l’impressione
di criticare il comportamento altrui solo per il gusto di farlo, risultando in
questo modo anche fastidioso. E troppo forte è la differenziazione dei
personaggi in buoni e cattivi, senza vie di mezzo.
Ma d’altra parte non posso nemmeno
dire che non mi sia piaciuto come libro, perché questo suo essere un po’
confusionario, il fatto che tutto avvenga di corsa, dà sicuramente emozioni
forti. Emozioni che forse non si sarebbero provate se la storia fosse stata più
lineare, sviluppata in maniera diversa è più lenta e dettagliata. Dunque il mio
giudizio sicuramente non è positivo, ma non può nemmeno essere del tutto
negativo per quanto detto ora. E per questo stesso motivo non posso dire che
non mi sia piaciuto, ma nemmeno che non mi sia del tutto piaciuto. Che dirvi, è
un libro davvero molto strano, e l’unico motivo per capirlo davvero è leggerlo.
Voto 6
Ta-dan! Ecco lo scatto dello
scaffale! So che tutti l’aspettavate, anche perché… diciamoci la verità,
arrivati a questo punto non so mai cosa scrivere per riempire lo spazio bianco
affianco alla foto, ed ora che l’ho detto mi toccherà inventarmi qualcosa da
scrivere vicino la foto dello scaffale nel prossimo articolo… ma questa è
un’altra storia. Buon weekend!
-Lollodr
Appare un po' retorico con frasi tipo questa: " Vivere intensamente compensa ogni sforzo e quasi ogni sacrificio. Vivere a metà è stato sempre campo d’azione e punizione dei mediocri.
RispondiEliminaPerò è anche vero che vivere a metà è come essere fuori luogo, sentirsi inadeguati nel mondo: è come essere mossi piuttosto che muoversi.